Erri/De/Luca. Queste tre bellissime parole sono apparse un giorno di tanti anni fa nella mia vita, grazie al consiglio di François e Chiara, altri due giganti che all'epoca vivevano riparati nelle colline umbre.
Erri De Luca. Prima Non Ora, non qui, poi Tu, mio, poi Aceto, Arcobaleno, e così via. Cento pagine, caratteri corpo grosso, parole. Lunghe, affilate, leggere, corte, pesanti, scelte, buttate, cesellate, limate, tagliate, intagliate, incise, prese a colpi, lucidate, smerigliate, tese, cotte al sole, fatte saltare sul mare, appese ad asciugare, salate, inchiodate, accarezzate, piantate, invasate, seminate eccetera eccetera eccetera.
Erri De Luca ha il dono della bellezza nella lingua. Nessuno in Italia la sa usare come lui, nessuno. Se tutti, o molti, o di più potessimo pensare, parlare e scrivere come Erri, la terra che camminiamo sarebbe un posto molto più calmo e felice. Napoli sarebbe un fiore anziché essere un fiore e una croce e l'Italia sarebbe un posto dove sognare di andare, non sognare di abbandonare. E poi l'uomo. Scalatore, carpentiere, giardiniere, avventuriero, solitario, rivoluzionario, vecchio e marino, col suo sguardo acuto e franco. Bello sarebbe averlo amico, da tavola, da vino e da chilometri. Ma non siamo su una terra promessa, come dice Erri, ma su una terra permessa. E io spero che ognuno di voi che state leggendo queste righe possiate tenere un pezzo della poesia di Erri De Luca nella vostra vita, al fondo della tasca, pronta ad accarezzarvi le dita nei momenti migliori e anche in quelli peggiori.
E adesso veniamo agli eventi mondani: lo scrittore sarà in visita a Barcellona questa sera per presentare il suo ultimo libro I pesci non chiudono gli occhi, ospite della Biblioteca Esquerra de l’Eixample, Agustí Centelles – C. Comte d’Urgell, 145-147, alle ore 19.
12 anni fa
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