Ultimo giorno

sabato 31 dicembre 2011

2012. Vediamo di passarlo tutti bene, ok?
Auguri da Barcellona.



Breaking (Heart) News.

giovedì 29 dicembre 2011

Eh! Com'è andato il Natale??? A me benissimo, grazie. Dico sul serio. Infatti sono depresso da due giorni, come una sindrome post-parto. Volevo scrivere qualcosa su cose interessanti da fare domani, concerti da vedere, etc. Sarà un caso che non c'è niente? Vabbè, c'è Rachel Arieff al Llantiol che esce dai suoi panni di istrionica presentatrice dell'Anti-Karaoke per entrare in quelli di stand-up comedian (nel suo caso è un po' come togliersi l'accappatoio per mettersi la vestaglia).  Però ho visto un video in cui parla mala della sardana, e ho pensato che ci riuscirei meglio io, a parlare male della sardana, ma non sono bona come lei. Alla sardana, questa danza del demonio, riserverò un post a parte per la primavera, che ormai è dietro l'angolo. Ho sfogliato l'agenda culturale. Concerti di blues. Ora, non è per essere razzisti, ma il blues, suonato, ma soprattutto cantato dai catalani bianchi, o le catalane bianche...Insomma, ci siamo capiti. Vi piacerà se siete il tipo di persone che in Italia vanno ai balli latinoamericani, anche solo ogni tanto.
Meglio allora commentare le notizie del giorno de El Periòdico.

1. Il Re prende un botto di soldi di stipendio. Bella scoperta. Un vecchio businnessman come Juan Carlos I deve ricevere un compenso adeguato per il suo incarico di prestigio, no? Poi, i soldi non fanno la felicità. Basta vedere la sua perenne espressione scazzata e delusa di uno che nella vita, al posto del re di Spagna, avrebbe fatto volentieri il campione di golf.

2. I Nord Coreani piangono la morte di Kim Jong Il. Letteralmente. Non so se sentire ammirazione per uno che riesce a emozionare così tante persone senza essere Elvis Presley, o se sentire desiderio che la Corea del Nord si riempia di McDonald's nel più breve tempo possibile.




3. Rajoy congelerà il salario minimo a 641 euro per il 2012. Ancora una volta noi espatriati in Spagna potremmo vantarci con i nostri amici italiani che qui abbiamo sole, pizza e mandolino, ma non certo buoni stipendi.

4. Si scopre che Richard Nixon aveva una relazione omosessuale con un banchiere. Meglio tardi che gay. Inoltre la nuova biografia rivela che Nixon beveva e picchiava sua moglie. Insomma, un tipaccio.

5. Escala. La crisi colpisce anche il settore della malavita. Nella località catalana, patria delle famose acciughe, un delinquente abituale, colpevole di furti con scasso reiterati, si consegna alla polizia per avere la sicurezza di un letto e un pasto caldo in gattabuia.

6. Storia strappalacrime. Lei ricoverata in un centro psichiatrico, lui le dipinge di notte cuori giganti sulle pareti del palazzo di fronte, un cantiere abbandonato. La crisi immobiliaria diventa la tela su cui dipingere l'uscita dallo sconforto.




Minchiatine di Natale.

sabato 24 dicembre 2011

Siete alla fine del pranzo di Natale, è scesa la notte e la tavola è ormai ingombra solo di briciole, stuzzicadenti, pezzetti di canditi e mandorle fuggiti dal panettone, gusci di noce e di altri frutti secchi radunati in montagnette, su cui magari è calato un leggero manto di zucchero a velo. Che palle! E' il momento più noioso della giornata, ravviviamolo con le candele-mandarino!

Prendete un bel mandarino, meglio se con la buccia spessa, e praticate un'incisione lungo l'equatore. Separate gli emisferi facendo attenzione di non aprire un buco al polo.


Scegliete come bracere per la candela il polo più stabile, che di solito è il polo sud, dove il corpo del mandarino "si siede". Usate un rettangolino di carta scottex per fabbricare lo stoppino. Fate girare la carta a spirale con le dita, come per strizzarla. Lasciate una piccola porzione non strizzata da un estremo, servirà da base. Appoggiate lo stoppino per la base sul fondo del mandarino-bracere e spingetelo delicatamente nella carne della buccia. Lo stoppino resterà in piedi facilmente.


Riempite il braciere di olio di semi, facendo attenzione a lasciare almeno mezzo centimetro di stoppino all'asciutto.



Appicciate lo stoppino et voilà, ecco pronta la candela mandarino. Potete usare l'altro emisfero come copri-lanterna praticando un taglio all'altezza del circolo polare.




La candela mandarino, nonostante il suo aspetto fragile, può ardere per più di due ore proiettando un'allegra luce arancione! Ma attenti: non lasciate la candela incustodita,  perché quando l'olio arriva a esaurirsi, la fiamma viva brucia la buccia e apre una falla da cui fuoriesce l'olio rimasto. Il risultato può variare da una sgradevole chiazza d'olio sulla tovaglia a un ancor più sgradevole incendio in casa. Per precauzione potete usare delle coppette di carta stagnola. Potete fabbricare una ventina di candele-mandarino e metterle sul balcone come decorazione esteriore. Otterete un effetto fantastico risparmiando ben 40 € di candele normali. Buon Natale a tutti!









10 canzoni che fanno Natale

mercoledì 21 dicembre 2011

Oggi DJ Barcellonando vorrebbe dedicarvi, cari lettori e lettrici, una selezione di canzoni  per deliziare l'atmosfera delle vostre feste in famiglia e per riflettere insieme sullo spirito natalizio.

Frédéric Chopin, Notturno in MI maggiore, Op. 9 No. 2.

Le vellutate note di piano di Chopin accompagnano le misere confessioni di un Babbo Natale alcolizzato che lavora in un centro commerciale. Come ladro e con un elfo-nano di colore come complice. Miglior film di Natale della storia.



Mike Oldfield - Moonlight Shadow.

Se i Vanzina facessero Vacanze di Natale 2011 sicuramente userebbero Britney Spears o Shakira per i titoli d'apertura. Ma nel 1983 hanno usato questa, e siccome avevo 8 anni mi è rimasta agganciata nella memoria come canzone di Natale.



Wham! - Last Christmas.

Un altro gioiello anni '80, un'estetica maschile che farebbe inverdire di gelosia i maschi italiani che si radono le sopracciglia, e un video di merda dove un gruppo di yuppies va su una baita, fa l'albero di Natale, cena e il giorno dopo torna giù. George Michael non riesce a portarsi a letto la pulzella nonostante il gioco di sguardi assassini a tavola. Perché? Perché sta ancora pensando a quello stronzo che gli ha spezzato il cuore il Natale precedente.



Piotr Ilich Chaikovski - Dance of The Sugar Plum Fairy (Variation de la Fée Dragée).

Dite la verità. Alzandovi dal letto nel cuore della notte di Natale non vorreste trovarvi in casa la Fata Confetto che vi illumina con i suoi luccicchini e che vi danza intorno col suo corpo morbido e le sue alette sottili, invece di un ciccione vestito di rosso che mastica crackers seduto sulla vostra poltrona facendo briciole dappertutto? Questa è la mia versione preferita.



Duke Ellington - Sugar Rhum Cherry

In un mondo perfetto, dopo il pranzo di Natale, al posto di ascoltare le deliranti conversazioni dei tuoi familiari puoi sederti in salotto con il Duke che ti racconta storie. Succhiando ciliegie al rhum.



Sei una bambina di 8 anni e sei triste il giorno di Natale perché la vita non ti sta trattando come dovrebbe? Judy Garland ti canta Have yourself a Merry Little Christmas.
Ma a giudicare dalla faccia della signora Garland alla fine del clip, bambina, mi sa che si mette male anche per Capodanno.




Bobby Helms - Jingle Bell Rock.

Perfetta come colonna sonora per fare biscotti. Se siete i genitori di una figlia di 17 anni, non guardate la versione di Billy Idol. Qui infatti assomiglia pericolosamente al tipo con cui vostra figlia si è scambiata SMS per tutto il pranzo di Natale e con cui verso le sei esce per andarsi a fare un giro in macchina.



Manowar- Silent Night

Ma perché i metallari sono così rincoglioniti? Le foto del video però fanno spaccare dalla risate. Consigliato al fratello minore della diciassettenne di cui sopra, che invece resta a casa.



In un mondo perfetto la sera di Natale esci, vai in un bar, e c'è Tom Waits che suona una canzone, o meglio, LA canzone della Madonna. Hey (Charlie), maybe I'm pregnant...
Tom Waits - Christmas Card From a Hooker in Minneapolis, con Silent Night in intro.
Una gemma.



Listen The Snow Is Falling di Yoko Ono rifatta dai Galaxie 500.

Nevica. Il resto sono balle. 






Carta, pennello e calamaro.

lunedì 19 dicembre 2011

Victòria Rabal è un'ittografa (non cercate la parola su Google, l'ho appena inventata). Ebbene sì, non si finisce mai di imparare cose nuove e stupirsi per cose belle. In  questi giorni è possibile visitare al Mercabarna (i Mercati generali di Barcellona) una mostra di gyotaku. Gyotaku è una parola giapponese composta da gyo (pesce) e taku (stampare) e designa un'antica tecnica di stampa consistente nel dipingere la superficie di un pesce per poi imprimerla su carta. Si usava principalmente nelle botteghe per mostrare il pescato disponibile al giorno, ma anche a scopo decorativo e a mo' di trofeo nelle case dei pescatori. L'artista catalana Victòria Rabal, pittrice e artigiana specializzata in carta, si è alzata presto per qualche settimana e si è piazzata in un angolino di questo gigantesco hub alimentario che è il Mercabarna, realizzando centinaia di gyotaku di tutti i pesci e crostacei su cui è riuscita a mettere le mani, (il Mercabarna smazza circa 400 tonnellate di pescato al giorno, quindi avrà avuto il suo bel daffare). Victoria è riuscita inoltre ad accattivarsi la simpatia dei lavoratori e commercianti del mercato, i quali, superata la diffidenza, hanno cominciato a proporle lo scambio di "pesci per disegni". Se si è portata a casa branzini e orate di pesca, potete pure alzarvi e farle un applauso. E nemmeno è stato trascurato l'aspetto ittiologico, dato che per questa impresa si è avvalsa della collaborazione di un biologo marino per riconoscere e catalogare correttamente tutti i pesci e crostacei che ha "fotografato". La qualità e varietà del pesce nei mercati di Barcellona è già di per sé allucinante, ma quando qualcuno riesce anche a metterla su carta in questo modo diventa addirittura poesia. D'obbligo una visita al Mercabarna, dunque. O almeno una capatina dal cartolaio.


Esempi di gyotaku di Victoria Rabal
Foto: Mercabarna/Victoria Rabal

Bonus track: vi lascio la ricetta per una tapita di calamaretti al nero.

Ingredienti per 4 persone.
800gr di calamaretti freschissimi (qui si chiamano chipirones, cioè calamari baby, non più lunghi di un mignolo)
Aglio, cipolla, peperoncino, olio d'oliva, sale, prezzemolo, vino bianco.
Elaborazione.
Estraete l'osso dai chipirones, nient'altro. Mettete a soffriggere in una pentola di terracotta una cipolla tagliata fine, uno spicchio d'aglio e un pizzico di peperoncino. Aggiungete i calamari, dorateli e spruzzate con un bicchiere di vino bianco. Aggiungete sale e fate cuocere a fuoco lento per circa venti minuti. I calamari rilasciano il nero e il risultato è una salsa deliziosa. Aggiungete prezzemolo tritato a fine cottura e serviteli caldi.







Ma va a caganer!

venerdì 16 dicembre 2011

Natale. Tempo di mercatini. Mentre gli altri sono a casa a lavorare tu sei lì passeggiando per i mercatini natalizi di Stoccolma, Colonia, Saint Tropez e perché no, Barcellona. Incuriosito dalle bancherelle nella piazza della Cattedrale ti avvicini per ammirare le statuine del presepe. Risatina. Qualche burlone ha pensato bene di piazzare un pastorello con un berretto rosso e la pipa in bocca che fa la cacca. Ah Ah Ah. Tiri avanti sorridendo dell'originalità dell'espositore ma improvvisamente, come un dolly che si alza sulla piazza e ti apre tutta la panoramica su quello che sta succedendo, scopri che di pastorelli-con-un-berretto-rosso-che-fanno-la-cacca ce ne sono centinaia e centinaia. Visitatore, ti presento il Caganer, la figura principale del presepe catalano, che di lunga supera in popolarità il tradizionale terzetto italo-cattolico madonna-giuseppe-bambino. La simbologia del caganer è semplice. Il signore di campagna che defeca sulla sua terra in inverno a propiziarne la fertilità per l'anno che viene. Metterlo nel presepio significa fortuna (leggi soldi), non metterlo significa sfiga-di-suora-senza-ritorno. Con gli anni la fantasia dei creatori di caganers si è sbizzarrita, partorendo caganers da collezione di personaggi famosi e arrivando a livelli abbastanza deliranti. Tra i caganer potete trovare Barack Obama, la Merkel, Raffaella Carrà, Doraemon, Homer, la puffetta, il Mosso d'Esquadra, Darth Vader o il cantante dei Run DMC, tra molti altri.



C'è anche questa squisita figura femminile, con tanto di pezzuola.


Un'altra figura di merda, pardon, presenza tipica del Natale catalano è il Cagatió, il tronco cagone. Per la felicità di tutti i bimbi dai Pirenei all'Ebro questo allegro tronchetto caga dolci e regali il giorno di Natale, sempre e comunque dopo averlo riempito di mazzate cantandogli questa canzone:

Caga tió -caga tió

ametlles i torró -mandorle e torrone
no caguis arangades -non cagare aringhe
que són massa salades -son troppo salate
caga torrons -caga torroni
que són més bons -che sono più buoni
Caga tió -caga tió
ametlles i torró -mandorle e torroni
si no vols cagar -ma se non vuoi cagare
et donaré un cop de bastó -ti dovrò bastonare
Caga tió!

Eccovi il video con le istruzioni live:




 Be'? Non vi sentite più buoni?



Sei veneto? Ti danno un premio.

Notizie di servizio. I veneti nel mondo hanno tempo fino al 30 dicembre 2011 per iscriversi al concorso Young Veneto Excellence Award,  

per l'assegnazione di tre premi consistenti in un diploma e relativo riconoscimento economico di 1.000 euro.

L'Associazione Padovani nel Mondo indice il presente concorso per premiare il talento di tre giovani veneti che all'estero abbiano aggiunto risultati di rilievo nelle categorie:


- imprenditoria e management;
- ricerca e sanità;
- attività professionale.


Qui il sito per il bando di concorso e tutte le altre informazioni:

http://www.padovaninelmondo.it/



Post sui posti per i regali di Natale

mercoledì 14 dicembre 2011

Attention shoppers. Vorrei racchiudere qui una piccola ma efficace lista di posti per lo shopping natalizio. Articoli originali, fatti a mano, vintage & second hand soprattutto. Se trovate il regalo giusto, un "grazie" nei commenti è molto apprezzato. E se desiderate segnalare un posto, adelante!

1. La Fabrica Singular - Pop-up showroom di fashion designers indipendenti (già la sequenza qui a sinistra dovrebbe dissuadere chiunque a metterci piede ma tant'è :-) - Un'elegantissima casa modernista che ospita per un solo giorno un pugno di selezionate disegnatrici di moda. Segnaliamo i preziosi cappelli e collari in tricot dell'italiana Cate Mahiri e le raffinatissime braghette sexy di Julieta anda Suelta. Io ci andrò per far scricchiolare il parquet.


La Fabrica Singular - Casa Capell - Rambla del Prat 27 Pral. - 17 dicembre 2011 dalle 10 alle 21.



2. Lost&Found - Il mercatino hipster per eccellenza che ha preso il posto del PulgasMix. Second Hand e roba varia per passarci la giornata al suono di djs nella stupenda cornice della Estaciò de França. Qui di seguito il simpatico video per farvi tornare voglia d'estate.

Lost&Found - Av. Marqués de l'Argentera S/N - 18 dicembre 2011 - Entrata libera.




3. Ndorfina. Un classico per i cercatori di rarità e preziosità made in Barna. Creatori indipendenti, edizioni limitate, vintage originale catalano (no second hand) e cosette carine in uno spazio straordinario del gotico che in più ha un buonissimo profumo.

Ndorfina. Baixada de Viladecols, 3

4. Libreria Le Nuvole. Oltre a essere la prima libreria italiana a Barcellona, è uno squisito posto di ritrovo per presentazioni ed eventi. Un'eccellente selezione di titoli italiani, dalla narrativa alla novella grafica, dai libri per bambini e illustrati in generale alla saggistica. Esposizione e vendita di arte grafica e fotografia. Manca solo la sala da tè. Oggi ci ho fuso la carta di credito.

Le Nuvole - C/Sant Lluis, 11

5-Fotoprix. Avete capito bene. Regalate foto. Le nonne dell'era digitale sono incazzatissime perché non hanno più foto dei nipoti, e in più anche noi ci ricorderemo meglio da dove veniamo. Possibilità di ordinare la stampa online con consegna a domicilio o in negozio. Prezzi intorno ai 20 centesimi per foto, variabili a seconda delle quantità. Stampa immediata o due giorni lavorativi in laboratorio, consultate la differenza di prezzo. La qualità non è niente male. Qui ho voluto provare la carta di base e lucida e sono abbastanza soddisfatto, ma la lavorazione migliore, se usate per esempio la hipstamatic, è in laboratorio e con la carta Digisatén, massima qualità e il prezzo è migliore ancora (200 foto per 15 cents).


6. Discos Juandò. Il vinile non è morto, ve ne siete accorti, no? Discos Juandò vende, compra e scambia 33 e 45 giri.


Discos Juandò, Giralt el Pellisser 2B (Mercato Santa Caterina).

7. Petits Trésors. Anche qui vinili e cassette, ma che trovano nuova vita in oggetti di decorazione e vestiti. 100% fet a mà en Barcelona e second hand, anche mobili. Da scoprire.


Petits Trésors - Plaça del Diamant, 4.

8. Cream gallery. Studio di designers e illustratori che per due giorni esibisce e vende i lavori del collettivo. Ancora una volta moderno e vintage chic si danno la mano e la qualità parla per sé.



Cream - Pasatje de la Pau, 14, 16 e 17 dicembre dalle 17 alle 23.



Happy Monday, due bar, due concerti.

lunedì 12 dicembre 2011

Oggi Barcellonando gradisce proporvi due appuntamenti musicali incrociati tra il centro e Gràcia, con due rispettivi bar da abbinare alla pre-serata. Dal basso verso l'alto e viceversa. Prendete carta e pennello. All'Almeria Teatre suonano, o meglio, si esibiscono Las Maris, ossia Javier Alvarez e Nieves Arilla. Javier ha suonato anche a casa Barcellonando un pugno di greatest hits della sua lunga carriera di popstar nazionale, e Nieves è un piccolo gioiello underground tutto da scoprire. Insieme formano questo power-duo chiamato Las Maris, che,  invece di usare i distorsori, schiaccia a fondo il pedale dell'ironia, del cabaret e del travestitismo, in bilico tra rumba-pop, electro trash e Susan Quatronella.



Per entrare nel mood Maris l'ideale è andare a farsi una cupcake da Lolita Bakery, con le amiche. Visto che le cupcakes passeranno di moda e il prossimo new black sarà la churreria de diseño, è meglio approfittarne adesso e cavalcare la panna finché è fresca. Di passo date un'occhiata ai panettoni, che hanno un aspetto davvero pro, e vi faranno fare un figurone alla cena prenatalizia. Dopo il concerto, avrete forse più voglia di spararvi shots di tequila nel foyer.



Las Maris, Almeria Teatre - C/Sant Lluis, 64 - Metro Joanic - Ingresso 12
Lolita Bakery - C/ Portal Nou, 20  - Metro Arc de Triomf

Al Robadors 23 (eh? Non conosci il Robadors 23?!), come annunciato nelle puntate precedenti, c'è la trombettista portoghese Susana Santos in quintetto. Jazz con pericolosi splash di crossover per la gioia di tutti i non puristi. Impérdibol. Guarda il suo video di Devil's dress o scarica la traccia gratuita.




Da Gracia, consigliamo di annaffiare il pre-serata di vino rosso al rossoPorpora, un simpatico e rossoreggiante bar a gestione italiana dove siamo finiti con la cricca che ha partecipato alla presentazione di Vivo Altrove, il libro di Claudia Cucchiarato sugli italiani nel mondo.


Vintitres Robadors, C/Robadors, 23 - Metro Liceu - 21:30h - Ingresso 5
rossoPorpora, C/Ros de Olano, 4  - Metro Fontana

Circ Panic tra meno di un'ora

domenica 11 dicembre 2011

Un uomo entra in scena con un lungo palo di ferro sulla spalla e quattro sacchi. Si muove faticosamente, si gira lentamente, sembra appena sbarcato sulla luna senza sapere perché, e con un palo e quattro sacchi pieni come unico bagaglio. Posa i sacchi uno per uno e comincia a far girare il palo intorno al collo, sulle spalle, in equilibrio. Recupera l'agilità, sale sulla sua astronave - una piattaforma circolare con un'altra piattaforma concentrica e un buco in mezzo. Attacca al palo un volante, pianta il palo nel buco e comincia la giostra. L'uomo sembra comandare il palo, ma adesso è palo che decide come e dove andare, se salire o se scendere, e non smette di girare. L'uomo gioca, si aggrappa, rimane appeso per la giacca, precipita, gongola, si innamora, è trascinato via dalla tempesta, porta a pascolare le pecore... Cerca il senso della vita, dice la storia. E anche se senso non ne ha o non ne trova, questo spettacolo di acrobazia aerea è ugualmente bellissimo. Tutto scorre in rotondi e spirali che l'uomo e la sua macchina tracciano nell'aria, la musica disegna i cambi continui e rapidi e non fai nemmeno in tempo a dire "oh!" che è già finito. A proposito di fretta: lo replicano oggi alle 13 al Caixa Forum, nel patio.





Vivo altrove alle Nuvole

venerdì 9 dicembre 2011

Claudia Cucchiarato
Vivo altrove è un libro e le Nuvole una libreria. Vivo altrove è un libro "che raccoglie le storie di alcuni tra le decine di migliaia di giovani che negli ultimi anni hanno deciso di abbandonare l'Italia" scritto dalla giovane giornalista Claudia Cucchiarato (L'Unità, l'Espresso, la Vanguardia). Si presenta oggi alla libreria Le Nuvole, in Gràcia, e sarà una buona occasione per ascoltare e intercambiare riflessioni ed esperienze tra di noi expats tricolores. E anche un momento un po' strano, forse, perché spesso quando si abbandona l'Italia già che ci siamo si sceglie anche di abbandonare gli italiani. Io ho passato questa fase, quindi andrò ad assistere a questa presentazione e a fare nuovi amici. Vivo altrove è anche un blog pieno di informazioni e link interessanti, oltre che uno spazio aperto per condividere online esperienze di italiani all'estero Vs. madrepatria. Se hai una storia felice o infelice da raccontare lo puoi fare qui. Poi Claudia raccoglierà tutto il materiale e lo venderà ai servizi segreti. Scherzo.

Ci vediamo questa sera alla
Libreria Italiana Le Nuvole - Carrer de Sant Lluís, 11 19.30h ingresso gratuito



On the death anniversary of John W. Lennon

giovedì 8 dicembre 2011

Federica, Daniele e io pubblichiamo tre piccoli ma cazzuti blog che sono rispettivamente Milano Fridge, London Fridge e Barna Fridge. Oggi abbiamo deciso di postare in contemporanea per commemorare l'anniversario della morte di John Lennon.

Milano: se John Lennon fosse nato a Milano.

If Lennon was born in Milan, he would never met Yoko. 
And maybe someone would have shot Paul. 
And Stella would never turned fashion into shit because Julian would have done an internship at Prada instead of being a druggy child with an unsolved Oedipus Complex.
If Lennon was born in Milan, he would have said “Loft is not the answer”.
If Lennon was born in Milan, we now could drive left side on saturday night without looking completely smashed.



Londra: i traumi non si superano.

I was two when John Lennon was shot dead. I'm still upset.





Barcellona: John is not dead. Vuoi le prove?

John Lennon died today. Precisely, 11 years ago. It’s a sad day for me and I don’t want to share my emotions with anybody. But I’m always up for a cappuccino with a friend. Enjoy.

Oggi Salis, Angeli, Murgia. Però a Londra.

martedì 6 dicembre 2011

Mentre il nostro Istituto Italiano di Cultura proietta film anni '70 sugli eroi del Risorgimento alle cinque del pomeriggio, il suo omologo londinese si sforza nettamente di più e oggi welcomes Antonello Salis, Paolo Angeli e Gavino Murgia. Le tre bestie nere, che "costruiscono un ponte sonico tra passato, presente e futuro" e che si divertono come dodicenni suoneranno stasera al 39 di Belgrave Square e poi andranno al pub a molestare le signore. Se siete a Londra non perdeteveli. E' gratis ma è necessario prenotare via email.




Istituto Italiano di Cultura di Londra
39 Belgrave Sq. London SW1X 8NX 8pm.



Robadors 23, la gioia di mammà.

lunedì 5 dicembre 2011

Jacob Sacks Trio
Il bar Robadors 23, o 23 Robadors, è la gioia di mammà del barrio Chino, un antro sano e vivo in una strada, la calle Robadors,  dove regnano il peccato, la lussuria, il vizio e le più tristi imitazioni di Kentucky Fried Chicken. Anni fa, quando le camere compatte non arrivavano a 1.5 megapixels, la calle Robadors era stretta, nera e acciottolata, lunga e ammuragliata a un fianco, dove le puttane si appoggiavano e i papponi dinoccolavano, i marocchini spacciavano e topi sfirlinfilavano tra le gambe dei perdigiorno. Oggi è assolutamente identica. Hanno cambiato la pavimentazione, sfondato il muro e appeso dei cartelli con su scritto VOLEM UN BARRI DIGNE, intorno ai quali ci hanno costruito delle case nuove e uno di questi kentuckyfriedchickens. Il Robadors c'è sempre, umile, nobile e sereno. Mai si rischierà una bottigliata in testa, uno sputo in un occhio o un insulto gratuito quando si è tra le calde braccia del bar Robadors. Quando si poteva fumare, poi, l'atmosfera era perfetta. Adesso è anche migliore. Quando si riempie di gente, e sempre di gente giusta, senza mai scavallare nel trendy o nel marcio, si elettrizza e si illumina, e l'endorfina si espande lentamente, come da un rubinetto del gas lasciato appena appena aperto. A volte c'è un Dj all'entrata, ma anziché un bella fighetta troppo magra coi RayBan senza lenti e la camicia a quadri suonando i Fleet Foxes, c'è un tipo che mette funk circondato dai suoi colegas che gli chiedono i pezzi all'orecchio, con la birra in mano. Il piatto forte è la musica dal vivo, per questo consigliamo di lasciarvi cadere al Robadors una serata qualunque della settimana. Il prezzo dei gigs è quasi simbolico, oscilla tra i due e i tre euro, e le consumazioni dai due agli otto euro, credo. Come fanno ad andare avanti, direte voi? Semplice, vendono boccate di elio nel privé (scherzo). Ma ecco qui una mappatura per orientarvi sulla settimana tipo dei concerti al Robadors. I lunedì sono dedicati al free jazz e alla musica sperimentale. Per scrollarsi di dosso il tedio da inizio settimana (o aumentarlo, a seconda). Questo mese cose tipo la raffinatissima Susana Santos dal Portogallo, e poi un trio di, attenzione, ghironda, voce e arpa. Il martedì concerti jazz del Collectiu 23, un gruppo aperto di secchioni del jazz. Entrada gratis/a cappello. Il mercoledì jam di jazz, quindi se suoni e sei appena arrivato/a Barcellona, ora sai dove sbarcare col tuo sax sotto braccio. Il giovedì alle 19.30 free jazz gratuito e alle 21.30 ancora jazz. Il venerdì notte eclettica mentre il sabato e la domenica sono santificati al flamenco, lontani dalle rute turistiche, con ballerine e tutto il carosello, ma senza fronzoli.





Il ghiaccio è duro.

domenica 4 dicembre 2011

"Il ghiaccio è duro come una pietra. E freddo." Cosí inizia l'articolo di Carlos Márquez Daniel su El Periódico online di oggi. Io dubito che il signor Carlos se ne sia accorto da poco, che il ghiaccio è duro e freddo, anche se ho un'amica di qui che ha visto la neve per la prima volta nella sua vita a 30 anni, quindi tutto è possibile. Ma più probabilmente voleva iniziare il pezzo con una tautologia, una grossa ovvietà dedicata a tutti gli imbecilli che hanno affollato ieri la piazza Catalunya transformata in pista di pattinaggio su ghiaccio.
Il ghiaccio, la neve, il Natale...Togliete il Natale alla famiglia media del sud Europa, toglietegli il calcio e il centro commerciale e avrete un bagno di sangue. O, una massa umana intontita e disorientata, che deambula e sbatte contro se stessa, in un perenne stato di alzarsi di notte per andare a pisciare.
Non ho niente contro le piste di pattinaggio su ghiaccio. È bello pattinare e sono bene che il ghiaccio è duro e per certi versi anche peggio dell'asfalto. La caduta sull'asfalto ti ricorda che sei umano, che c'è una cosa chiamata forza di gravità, e che non sai pattinare. Quella su ghiaccio però è più...umiliante. Oltre a cadere, infatti, vieni anche trashinato lontano dal tuo stesso impulso, senza appigli, senza freni, solo al tuo destino. Per quanto ti riguarda potrebbe pure esserci un buco che ti aspetta da qualche parte sulla traiettoria. Ops. Ho detto trashinato?
Non ho niente in contrario alle piste di pattinaggio su ghiaccio, visto che tutto sommato a Barcellona fa anche freddo, d'inverno. Ma montare una pista per il dileggio delle masse di shoppers del sabato e per la rabbia degli indignados, (fantastico lo slogan: occhio a non farti male che poi l'ospedale è chiuso) caro Amministratore, è veramente una mossa trashy, truzza e provinciale, e questa marca Barcellona che vuoi vendere al mondo, come se Plaça Catalunya fosse Piccadilly Circus o il Rockefeller Center, è già bell'e che in saldo.


A tutti quelli che hanno di meglio da fare il sabato o la domenica pomeriggio dedico questa canzone.





Foto: Telegraph.co.uk

Bottarga, Batteria, Bellezza - Intervista a Oriol Roca

sabato 3 dicembre 2011

En castellano


Apriamo oggi la rubrica di Barcellonando "Gli italiani lo fanno", dedicata agli italiani che sono a Barcellona e che fanno cose (possibilmente interessanti). E apriamo con Oriol Roca, che non è italiano ma 1) Doverosamente questo è il nostro omaggio a Catalunya (Catalogna non mi piace, in questo blog sempre si scriverà Catalunya) 2) Oriol ha una bellissima relazione con l'Italia, specie con la Sardegna, che ci racconta in questa intervista. Prima pensavo che il batterista era quel tipo che sta dietro la batteria, e sin dall'inizio non ho mai creduto alla storia che Ringo riceveva più lettere d'amore di tutti  gli altri Beatles. Se pensate che il batterista solo serve a fare casino mentre gli altri suonano musica, e che alla fine si limita a lanciare le bacchette sul pubblico, dovete continuare a leggere. Ma direi che dovete farlo in ogni caso.

Oriol, tu sei uno dei miei musicisti preferiti e inoltre hai un rapporto speciale con l'Italia, in particolare con la Sardegna. Com'è nata questa relazione?

Nel 2011 sono andato a studiare in Olanda e le prime persone che ho conosciuto, e che furono miei compagni d'appartamento per tre anni,  sono stati Giovanni e Daniele, due musicisti di Roma che cominciavano anche loro l'avventura nei Paesi Bassi quello stesso anno. L'esperienza è stata determinante perché mi ha permesso di imparare la lingua e di scoprire molti gioielli della cultura italiana: i film di Nanni Moretti, il gusto per la cucina (che però già mi piaceva, io da piccolo volevo fare il cuoco), i gruppi di rock progressivo italiano, il Chianti e il Montepulciano d'Abruzzo (Daniele era anche sommelier), il senso dell'umorismo romano, Pino Daniele, l'arte di preparare un buon caffè, 90º minuto della RAI (che Giovanni seguiva religiosamente ogni domenica pomeriggio - e quell'anno la Roma aveva vinto lo Scudetto)! Insomma, grazie a loro due quell'anno scoprii le cose migliori dell'Italia.
Da lí poi cominciai a conoscere molti altri musicisti italiani con i quali continuo a suonare ancora oggi. La connessione con la Sardegna è nata grazie al contrabbassista sardo Manolo Cabras, uno dei migliori contrabbassisti che conosco. Diventammo molto amici e credo che dal 2002 tutte le estati sono sempre andato in Sardegna, a parte l'estate scorsa. Ma rimedieró subito visto che a dicembre ho due concerti in un festival vicino a Olbia!
Grazie a Manolo ho potuto conoscere molte parti dell'isola. La zona che conosco di più è il sud, la zona di Cagliari, ma l'ho girata un po' tutta. Per il mare credo che la mia parte favorita è il Nord Est, vicino a Capo Comino; sembra una cartolina e non c'è molta gente.

Nel 2009 hai suonato al festival Isole Che Parlano di Palau, dove hai inciso un disco stupendo, La Tomba dei Giganti. Raccontaci di questa esperienza e parlaci della sensazione di suonare in un posto così speciale.

Nell'agosto del 2009 il musicista, amico e direttore del Festival Isole che Parlano Paolo Angeli mi ha chiamato per chiedermi se volevo fare un "solo" al festival, in settembre, spiegandomi che si sarebbe trattato di suonare in un luogo speciale, un monumento funerario del 1400 a.C., la Tomba dei Giganti! Gli dissi di sì. Mi ha mandato foto del posto e mi ha raccontato della componente mistica per la gente della zona e per molti pellegrini che vengono da tutta Italia per curarsi grazie alle "radiazioni" che emergono da quel punto.
Nei giorni prima del concerto mi feci un'idea di quello che doveva essere un posto così speciale e decisi di orientare l'improvvisazione verso gli elementi che suggeriva e che vi immaginavo incontrare: concetti come il silenzio, la natura, la pietra millenaria, gli antenati, lo scorrere del tempo...
Quel concerto in un posto sperduto, su una montagna sarda, con tutta quella gente venuta a radunarsi intorno alla Tomba per ascoltare un tipo suonare un assolo di batteria di 40 minuti, in un silenzio che poche volte ho potuto sentire nella vita, è stata una delle esperienze più intense que abbia mai avuto.

Che differenze trovi tra suonare in Sardegna e nella tua Catalunya, e poi tra le rive del Mediterraneo e l'Olanda o la Francia, dove suoni spesso?

Suono in Catalunya da quando avevo 14 anni e per me è la cosa piú abituale. Mentre la Sardegna la associo sempre e solo a cose buone: estate, caldo, divertimento, bottarga e vermentino... E ogni volta che ci vado mi capita di suonare con buoni amici e in situazioni molto rilassate. Adoro suonare lí.
Mi ha sempre impressionato la quantità di buoni musicisti che è uscita da quell'isola, gente come Paolo Fresu, Riccardo Pittau, quel matto di Antonello Salis e il mio amico pianista Augusto Pirodda (che qualche mese fa ha inciso un disco con Gary Peacock e Paul Motian - riposa in pace, maestro!), l'incredibile Paolo Angeli o Manolo Cabras. E molti altri. Ma soprattuto è impressionante pensare che per questa gente da giovanissima era praticamente impossibile comprare dischi di jazz in Sardegna, a parte di Louis Armstrong e Billy Holiday che si trovano dappertutto in tutto il mondo... Manolo mi raccontava che compravano i dischi attraverso il catalogo postale della ECM (la mitica casa discografica tedesca), senza conoscere in quel momento i musicisti... Conoscevano per esempio Jan Garbarek e poi vedevano che suonava con un tal Bobo Stenson in un altro disco. Gli piaceva Stenson e allora cercavano altri dischi suoi e cosí via. Poco a poco diventarono dei veri esperti di quella etichetta discografica. Tutto questo via posta e con i pacchetti che spesso si perdevano per strada. Voglio dire che per il fatto di vivere in un'isola tutto era più lento e complicato. Dovevano sbattersi parecchio per procurarsi materiale didattico, professori, partiture, dischi. Alcuni di loro, come Manolo, hanno fatto il conservatorio, l'unica via possibile. Ogni volta che potevano andavano ai seminari di Siena Jazz e imparavano a fianco di gente come Dave Holland, Pieranunzi o Enrico Rava. Poi c'erano un paio di buoni festival, tanto che gente come Lester Bowie visse lì molti anni perché si innamorò dell'isola un' estate che ci andò a suonare. La Sardegna è un posto molto speciale in tutti i sensi...

I musicisti di jazz italiano hanno il sangue caldo, sono molto intensi e con un background di musica popolare molto grande. Tutto questo li converte in molti casi in musicisti di temperamento e mi piace molto suonare con loro. Nel Nord Europa è diverso. Dal clima alla gastronomia, la gente del nord non si assomiglia molto a quella del sud. Quando si tratta di suonare questo non è né meglio né peggio. Cosí a grandi linee direi che i nordici sono più "contemplativi" e più rigorosi e impegnati rispetto ai quelli del sud, con eccezioni, chiaro. Molti hanno potuto studiare in condizioni molto buone sin da piccoli e normalmente sono molto preparati. Personalmente mi piace suonare sia con gli uni che con gli altri.

Nel Mediterraneo si suona meglio o è solo l'insostituibile estate mediterranea che fa effetto sul pubblico e sui musicisti?

Un giorno stavo parlando con un amico della Repubblica Ceca, un eccelente batterista, Marek Patrman, che vive a Bruxelles, e mi raccontava di quando venne a Barcellona per la prima volta negli anni '90. Passava le giornate seduto nelle terrazze dei bar, bevendo vino o sangria e mangiando tapas. Mi diceva: se fossi di Barcellona suonerei salsa. Però vive a Bruxelles e suona un freejazz oscuro e denso. Credo che ci influenza la grande quantità di sole a cui siamo esposti. Nei cinque anni che passai in Olanda mi sono abituato a vivere senza sole, ma sarebbe stata dura scegliere di vivere lì. Come dice Serrat... "Nací en el Mediterraneo...".

Il jazz e l'improvvisazione sono il tuo pane quotidiano, però sei noto anche per potenti incursioni  nel pop e nella fusione hip hop, penso ad Amanda Jayne e il progetto con la Mala Rodriguez, Refree e il Taller de Musics. Come ti trovi a suonare in 4/4?

Mi piace suonare qualunque tipo di musica che abbia senso per me. Mio padre è un grande fan dei Beatles (suona in un gruppo e va a provare religiosamente tutti i lunedì). Sono cresciuto ascoltando questa musica e nei miei primi gruppi facevamo cover dei Led Zeppelin o Jimi Hendrix. Continuo a suonare regolarmente con progetti che non hanno a che fare con il jazz però sempre perché mi sento ugualmente libero con le persone con cui suono, gente molto aperta a cui le etichette non importano un granché, come Refree per esempio. Credo che non bisogna chiudersi le porte solo perché a un certo punto uno ha scelto di essere musicista di jazz o pop, non ha senso. Io mi diverto facendo musica, qualunque sia l'aggettivo che la gente voglia aggiungerle.

Cosa ti piace di più della musica improvvisata? Parola vietata: libertà!


Ha ha! Un po' difficile allora se non posso usare questa parola! Per me suonare musica improvvisata è come tornare bambino. Da bambino tutto è possibile. Quando giochi con tuo fratello a scuola non esistono limiti, puoi immaginarti tutto quello che vuoi. La musica improvvisata, anche se contiene convenzioni non scritte, permette che succedano cose che in altri contesti non potrebbeero mai succedere. Molta gente ha l'impressione in genere che nell'improvvisazione tutto può succedere, ma non è proprio cosí. Per essere capace di suonare in un contesto dove di base non ci sono norme è necessario avere una certa conoscenza di questa musica: esistono codici ed elementi essenziali e necessari in qualunque stilo musicale. Per esempio è determinante saper ascoltare. Ascoltando, io stesso ho imparato di più. Ascoltando dischi, andando a concerti...Esporsi a musica sconosciuta può risultare difficile all'inizio, ma anche ascoltare mentre uno sta suonando. Solo così è possibile costruire un discorso collettivo che va da qualche parte. Certo è che l'improvvisazione può anche essere una rottura di palle se non ha una direzione chiara. Ma forma parte del rischio che uno deve prendere. Il rischio che non sempre può uscire qualcosa di incredibile e irripetibile.

Oltre alla musica in sé, ti intrecci anche con la danza contemporanea in lavori come CREA e Lanònima imperial. Chi "comanda" in un'improvvisazione di danza, il musicista o il ballerino? 

Io intendo l'improvvisazione danza/musica con un dialogo tra discipline artistiche o due forme di esprimersi in cui uno suggerisce e accoglie allo stesso tempo. Il dialogo esiste solo quando cada una delle parti esprime quello che pensa, ascoltando e reagendo a quello che l'altro suggerisce. Credo che nessuno debba comandare, il discorso è collettivo e va intessendosi mano a mano. Quanti più elementi partecipano, più complicato risulta fissare una direzione. E' facile perdere il Nord e il tutto può disperdersi. La mia esperienza mi insegna che è più gratificante farlo con pochi elementi in gioco (pochi musicisti e pochi ballerini). Da tempo lavoro con la ballerina catalana Ana Rubirola. Siamo amici da anni, certo, questo aiuta, però per il fatto che siamo solo due elementi rende più facile la comunicazione, è più facile capirsi e trasmetterlo piuttosto che con molta gente. In ogni caso sempre impari cose nuove, ma mi viene in mente l'aforisma dell'architetto Mies Van der Rohe, "less is more", ossia, fare di meno e lasciare più spazio.

Suoni con Paolo Angeli e poi con Paolo  ancora e Sasha Agranov nella Piccola Orchestra Gagarin. Che differenza c'è a suonare solo con Paolo e con il trio?

Le due formazioni mi piacciono moltissimo, sono simili ma diverse. In duo c'è piu spazio che nel trio, e forse implica anche una maggiore responsabilità. Forse in due più facile passare da un' idea all'altra che in tre, è più facile mettersi d'accordo su che direzione prendere. Pero la POG è un gruppo fantastico dove c'è un'intesa mutua naturale e comunicazione, come se avessimo suonato insieme da moltissimo mentre invece è proprio il contrario. La paletta di colori si moltiplica quando siamo in tre, soprattutto per la loro parte elettronica e perché sono essenzialmente due grandi musicisti. Ed è un piacere suonare con loro,  ci divertiamo molto e credo che abbiamo molta strada davanti.

Qual è il posto più strano dove hai mai suonato?

Forse i posti più strani risalgono al mio periodo in Olanda. Un paio di volte ho suonato alla festa annuale dell' accademia militare degli ufficiali dell'esercito olandese. Questi tipi mettevano su ogni volta una campo da beach volley dentro la base. Una volta chiesi a un ufficiale come facevano e mi rispose: "Noi siamo l'esercito. Andiamo coi camion alla spiaggia dell'Aia, li rimpiamo di sabbia e ce ne andiamo. Nessuno fa domande". Poi ho suonato in feste di milionari dove ti davano mance di 500 €, in ambasciate, nella sede della petrolifera Shell a Rotterdam con i tutti i pesci grossi della compagnia e in uno dei palazzi della regina Beatrice d'Olanda.

E quello dove vorresti suonare più di ogni altro al mondo?
 E con chi?

Con la Piccola Orchestra Gagarin al Cremlino.

Disegnami una dream band per te. Valgono anche musicisti del passato.

Sicuramente è il sogno di molti musicicsti, pero vorrei trasportarmi a metà degli anni '60 e aggiungermi al quintetto di Miles Davis con Herbie Hancock, Wayne Shorter, Ron Carter e Tomy Williams. E io, chiaro, due batterie. Come seconda opzione, suonare con Jaco Pastorious nei Weather Report.

A quali progetti stai lavorando ultimamente?
Ho varie cose per la mani e alcuni dischi che usciranno tra breve, come quello col Mutt Trio, un altro con il pianista Giovanni di Domenico, il nuovo disco di Davind Mengual....ma soprattuto continuare a suonare con la gente con cui suono da anni.

Grazie, Oriol.
Grazie a te!

En castellano

Oriol, tu eres uno de mis músicos favoritos y además tienes una relación especial con Italia, en particular con Cerdeña. ¿Como ha nacido esta relación?

En el año 2001 fui a vivir y estudiar en Holanda; allí, las primeras personas que conocí (que fueron mis compañeros de piso durante tres años) fueron Giovanni y Daniele, dos músicos de Roma que también empezaban su aventura en los países bajos aquel mismo año. Esto fue determinante porque me permitió aprender el idioma y descubrir muchas joyas de la cultura italiana: los films de Nanni Moretti, el gusto por la cocina (en realidad a mí ya me gustaba, de pequeño quería ser cocinero), los grupos de rock progresivos italianos, el Chianti y el Montepulciano d’Abruzzo (Daniele era también somelier), el humor romano, Pino Daniele, el arte de preparar un buen café, el 90º minuto de la RAI - popular emisión de futbol, NdB - (que Giovanni miraba religiosamente cada domingo por la tarde en la tele, aquél año la Roma había ganado lo Scudetto!). Vaya, que descubrí lo bueno y mejor de Italia gracias a ellos dos. 
A partir de vivir con ellos me junté con muchos otros músicos italianos, con los que sigo tocando actualmente. Pero quine me conectó con la Sardegna fue el contrabajista sardo Manolo Cabras, uno de los mejores contrabajistas que conozco. Nos hicimos muy amigos y creo que desde el año 2002 he ido cada verano a Sardegna excepto este verano pasado… pero lo solucionaré en breve, en diciembre tengo dos conciertos en un festival cerca de Olbia
Gracias a Manolo he podido conocer muchas partes de la isla. Lo que conozco más es el sur, la zona de Cagliari; pero he estado en muchos lugares de norte a sur. A nivel de mar creo que me quedaría con la zona del noreste cerca de Capo Comino; parece una postal y hay muy poco gente.

En el 2009 tocaste en el festival Isole Che Parlano en Palau y allí grabaste un disco estupendo, La Tomba dei Giganti. Cuentanos de esta experiencia y de la sensación de tocar en un sitio tan especial.

En Agosto del 2009 el músico, amigo y director del festival Isole che Parlano me llamó para preguntarme si me gustaría hacer un solo en el festival que tenía lugar en septiembre. Me explicó el lugar especial donde tendría lugar el concierto: delante de un monumento funerario del 1400 a.C., delante de la Tomba dei Giganti. Le dije que sí.
Me mandó fotos del lugar y me explicó todo el componente místico del lugar para la gente de la zona y para muchos peregrinos que vienen de todas partes de Italia para curarse de alguna enfermedad a través de las “radiaciones” que emergen de aquel punto. 
Los días previos al concierto pude hacerme una idea de lo que debía ser aquel sitio tan especial y decidí orientar la improvisación del solo hacia todos los elementos que me sugería el lugar e imaginaba encontraría allí: básicamente conceptos como el silencio, la naturaleza, la piedra milenaria, los antepasados, el paso del tiempo…
Aquel concierto en medio de la nada, en un monte sardo y con toda la gente que vino aquella tarde rodeando La Tomba, para escuchar un tío tocar un solo de 40 minutos de batería y en un silencio que pocas veces se ha vuelto a repetir, fue una de las experiencias más intensas que he tenido nunca a través de la música.

¿Qué diferencias encuentras entre tocar en Cerdeña y en tu Cataluña, y después entre las orillas del Mediterraneo y Holanda o Francia, donde tocas a menudo?

Tocar en Catalunya es algo que llevo haciendo desde que tenía 14 años, y para mí es lo más habitual; en cambio Sardegna es un sitio asociado sólo a cosas buenas, a verano, a calor, a diversión, a la bottarga y el vermentino… y cada vez que toco allí es con buenos amigos y en situaciones muy relajadas. Me encanta ir allí a tocar.
Siempre me ha impresionado la cantidad de buenos músicos que han salido de esta isla, gente como Paolo Fresu, Riccardo Pittau, el “loco” de Antonello Salis, y también mi amigo y pianista Augusto Pirodda (quien sacó hace unos meses un disco a trio con Gary Peacock y Paul Motian, en paz descanse el maestro…), el increíble Paolo Angeli o Manolo Cabras. Hay muchos más, y es aún más impresionante pensar que cuando esta gente eran jóvenes era prácticamente imposible comprar discos de jazz en Sardegna a parte de los de Louis Amstrong o Billie holiday, que están en cualquier rincón del mundo. Me contaba mi amigo Manolo que compraban a través de catálogos sus discos de ECM (la mítica discográfica alemana) sin conocer en aquel momento quien eran los músicos que tocaban en los discos. Conocían a uno, por ejemplo a Jan Garbarek, y después veían que éste –que les gustaba- tocaba en otro disco con un tal Bobo Stenson. Les gustaba Stenson y buscaban más discos de él y se los compraban, hasta que poco a poco se fueron convirtiendo en grandes conocedores de este sello, y de su música. Todo esto vía paquete postal que a menudo se perdía por el camino… Quiero decir que por el echo de vivir en una isla todo era mucho más complicado y lento. Se lo tenían que currar mucho para conseguir material didáctico, profesores, partituras, discos… Algunos de ellos (como Manolo) estudiaron toda la carrera de clásico; esto era lo único a lo que tenían acceso. Al mismo tiempo, muchos de estos músicos iban siempre que podían a los seminarios de Siena Jazz y aprendían al lado de gente como Dave Holland, Pieranunzi o Enrico Rava… también había un par de festivales de jazz muy buenos en la isla, hasta el punto que gente como Lester Bowie vivió allí muchos años porque se enamoró de la isla un verano que fue a tocar allí. La Sardegna es un sitio muy especial en todos los sentidos. Los músicos de jazz italianos son de sangre caliente, son muy intensos y con un background de música popular muy grande; todo esto los convierte en muchos casos en músicos temperamentales, y con los que disfruto mucho tocando.
En el norte de Europa la cosa es distinta. Empezando por el clima y terminando por sus gastronomía, la gente del norte no se parece mucho a la del sur. A la hora de tocar esto no es mejor ni peor; a grandes rasgos diría que los músicos nórdicos son más “contemplativos” y más comedidos respecto a los del sur, pero hay excepciones claro. También muchos han podido estudiar en unas condiciones muy buenas desde muy pequeños y están normalmente muy preparados. Personalmente disfruto de tocar con unos y con otros.

¿En el Mediterraneo se toca mejor o sólo es que no hay nada como el verano mediterraneo y la manera en que este influye sobre el público y los músicos?

Un día hablaba con un amigo de la República Checa, un excelente batería llamado Marek Patrman que vive en Bruselas, y me contaba la primera vez que vino a Barcelona en los años 90. Se pasó el día sentado en las terrazas bebiendo vino o sangría y comiendo tapas. Me dijo” si yo fuera de Barcelona tocaría salsa…”. La realidad es que vive en Bruselas y toca free jazz, del más oscuro y denso. 
Creo que afecta mucho la cantidad de sol a la que estamos expuestos. Los 5 años que viví en Holanda me acostumbré a vivir sin él, pero me hubiese costado mucho quedarme a vivir allí; como dice Serrat “Nací en el Mediterráneo…”.

El jazz y la improvisación son tu pan de cada día, pero eres conocido también para potentes incursiones en el pop y la fusion hip hop, pienso en Amanda Jayne o el proyecto con la Mala Rodriguez, Refree y Taller de Musics. ¿Come te sienta tocar en 4/4?

Disfruto mucho tocando cualquier música que tenga sentido para mí. Mi padre es un gran fan de The Beatles (de echo tiene un grupo de rock y ensaya cada lunes religiosamente). Yo crecí escuchando esta música y en mis primeros grupos hacíamos versiones de Led Zeppelin o Jimi Hendrix. Sigo tocando regularmente en proyectos que se escapan del jazz, pero siempre porque me siento igualmente libre con la gente con quien toco; es gente muy abierta y no prestan mucha atención a las etiquetas, como con Refree por ejemplo…  No creo que nadie se deba cerrar puertas porque en algún momento decidió ser un músico de jazz o un músico de pop. Para mí no tiene mucho sentido; me lo paso bien haciendo música sea cual sea el calificativo que la gente le quiera dar.
 

¿Qué es lo que te gusta más de la música improvisada? Prohibido decir: libertad!

Hombre! Me lo pones difícil si no puedo usar esta palabra!  Para mí la música improvisada es poder jugar a ser otra vez un niño. Cuando eres pequeño todo es posible, cuando juegas con tu hermano o en el colegio no existen los límites y puedes imaginarte lo que quieras. La música improvisada (a pesar de la existencia, también en esta música, de unas ciertas convenciones no escritas) permite que sucedan cosas que en otros contextos nunca podrían llegar a pasar.
Muchas veces la gente tiene la impresión de que en la improvisación todo vale, y no es del todo cierto. Para ser capaz de tocar libremente en un contexto dónde en principio no hay normas, es necesario un cierto conocimiento de esta música; existen códigos y elementos esenciales y necesarios en cualquier estilo musical, como por ejemplo el saber escuchar. A base de escuchar es como yo he aprendido más. Escuchar discos, ir a conciertos, enfrentarse a música desconocida y que puede resultar difícil en un principio; pero también escuchar mientras uno está tocando. Sólo así es posible construir un discurso colectivo que vaya a alguna parte; y es que la improvisación puede ser también un coñazo cuando no tiene una dirección clara. Pero forma parte del riesgo que uno debe asumir cuando se enfrenta a ello, no siempre saldrá algo increíble e irrepetible.

Además de la música en sí, tu experiencia se entrelaza con la danza contemporánea, en trabajos como CREA o Lanònima Imperial. ¿Quién "manda" en una improvisación de danza, el músico o el bailarín?

Yo entiendo la improvisación danza/música como un diálogo entre dos disciplinas artísticas o dos formas de expresarse en el que uno sugiere y recoge al mismo tiempo. El diálogo existe sólo cuando cada parte dice y expresa lo que piensa, escuchando y reaccionando a lo que el otro sugiere.
Creo que no debe comandar nadie, el discurso es colectivo y se va tejiendo a la vez. Cuantos más elementos participan de una improvisación, más complicado resulta fijar un rumbo, es fácil perder el foco de atención y que se convierta en algo disperso. Por mi experiencia de haber trabajado con bailarines, me resulta más gratificante hacerlo con pocos elementos en juego (pocos músicos y pocos bailarines).
Hace un tiempo que estamos trabajando en dúo con la bailarina catalana Anna Rubirola; si bien es cierto que somos amigos desde hace muchos años y esto ayuda mucho, el hecho de ser tan sólo dos elementos facilita la comunicación, es mucho más claro entenderse y transmitirlo que cuando he hecho cosas con mucha gente a la vez. En cualquier caso siempre aprendes cosas, pero siempre me viene en mente el aforismo de el arquitecto Mies van der Rohe, el famoso “less is more”, o sea, hacer menos y dejar más espacio.

Tocas con Paolo Angeli y luego junto con él y Sasha Agranov formais la Piccola Orchestra Gagarin. ¿Qué diferencia hay entre tocar con Paolo solo y con el trio?

Las dos formaciones me encantan, se parecen entre sí, pero son distintas. En dúo hay más espacio que en trio, y quizás implica una mayor responsabilidad. Quizás es más ágil pasar de una idea a la otra siendo dos que tres, ya que es más sencillo ponerse de acuerdo hacia dónde tirar.
Al mismo tiempo, el trio Piccola Orchestra Gagarin es un grupo fantástico donde hay una comunicación y un entendimiento mutuo natural, es como si ya hubiéramos tocado mucho juntos anteriormente, sin ser eso verdad. La paleta de colores se multiplica cuando somos los tres, sobretodo por todo lo que llevan ellos dos de electrónica, y gracias también a que son esencialmente dos grandes músicos.
Es un placer muy grande tocar con ellos, nos lo pasamos muy bien, y creo que tenemos mucho camino por andar.

¿Cual es el sitio más raro donde has tocado?

Quizás los conciertos más extraños fueron durante los años que vivía en Holanda. Toqué por ejemplo un par de veces en la fiesta anual de la academia militar de oficiales del ejército holandés. Estos tíos montaban cada año un campo de beach-volley en su fiesta dentro del recinto militar. Una vez pregunté a un oficial cómo lo hacían; me dijo: “nosotros somos el ejército, vamos con camiones a la playa de La Haya, los cargamos de arena y nos vamos; nadie pregunta nada”. También toqué en fiestas de millonarios que daban propinas de 500 €, en embajadas, en la sede de la petrolera Shell en Rotterdam con todos los peces gordos de la compañía; y también en uno de los palacios de la reina Beatrix de Holanda.

¿Y el sitio donde te gustaría más tocar en el mundo y con quién?

Con la Piccola Orchestra Gagarin en el Kremlin.

Diseñame una "dream band" para tí. Puedes incluir también músicos del pasado.

Seguramente es el sueño de muchos músicos, pero me gustaría transportarme a mediados de los años 60 y sumarme al quinteto de Miles Davis, con Herbie Hancock, Wayne Shorter, Ron Carter y Tony Williams (yo yo claro, dos baterías). Y como segunda opción tocar con Jaco Pastorious en Weather Report.

¿En que estás trabajando ultimamente? 



Pues hay muchas cosas en marcha y que me hacen mucha ilusión, discos que tienen que salir como el nuevo disco de MUT TRIO, otro con el pianista Giovanni di Domenico, el nuevo disco de David Mengual… pero sobretodo poder seguir tocando con toda la gente con quien llevo años haciéndolo.

Fotos:
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Nanni Angeli