Auschwitz for dummies.

venerdì 25 novembre 2011

IL GIOIOSO INFERNO DELLE MOSTRE NEI CENTRI CIVICI.

I Centros Civicos sono il massimo quando vuoi fare un corso di qualcosa. Che sia di videomapping o di cucina giapponese, di danza contact o di serigrafia, nei centri civici lo puoi fare, e con ben poca spesa. Quando però si tratta di mettere su una mostra diventa un casino, e allora, per la gioia di amici, amici di amici, amici di amici di amici, si scatena l'inferno creativo che giace dentro di ognuno di noi. Sono andato a vedere la mostra Glob (indovina un po', sulla globalizzazione e i suoi effetti nefasti) perché la mia amica Constanza esponeva, ma si è rotta la scheda grafica sul computer e non ha potuto attivare l'installazione. Ho dovuto quindi fare un giro a sorbirmi il resto. Le mostre dei centri civici sono fantastiche perché puoi trovare di tutto, come un mercato delle pulci dell'arte con lo stesso feeling di un mercato della frutta alle quattro di mattina. Ci sono fotografie documentaristiche a un passo da meritare la pubblicazione sul National Geographic affianco a quadri che vengono da un professore che ti dice: lo importante es lo que salga de tu corazón...


Per fortuna ci pensano i seguaci di Basquiat a rimettere a posto le cose:


C'è musica e allegria nelle mostre d'arte dei centri civici.
Chi ha bisogno di un DJ quando c'è Luis Manuel "Esquaier" Pérez alla chitarra creando un bell'ambientino con Knockin' On Heaven's Doors?


E con buon vino per tutti poi?



Ma veniamo ai lavori più interessanti. Il signore qui sotto, che ha tutto l'aspetto di uno che vuole venderti un'assicurazione contro le cacche di piccione, ha per le mani un progetto situazionista mica da ridere chiamato P.Luk.A. Suona come un acronimo segreto del KGB ma in realtà vuol dire "Pe Lu Ca, ossia parrucca). Nome completo del progetto: P.Luk.A - Proyecto de Interacción Biosymbolica.

In che che cosa consiste questo progetto di interazione biosymbolica? In realtà, non lo so. C'erano delle ballerine al piano di sotto e davvero non ho avuto tempo di andare a fondo, ma per lo meno ho raccolto delle informazioni essenziali per aiutarvi a vederci chiaro. Per esempio il Protocolo de Transacción, ossia le dada-istruzioni, importantissime per calarsi nell'azione:



Cioè:

1. Regalare una ciocca di capelli.
2. Ricevere una busta contenente: palloncino, cingomma, e immagine non specificata)
3. Compilare il modulo (per la mailing list delle prossime performance situazioniste, suppongo).
4. Masticare la cingomma.
5. Gonfiare il palloncino.
6. Legare il palloncino all'abito (dell'artista, suppongo).
7. Attaccare l'immagine al muro (alle spalle dell'artista, suppongo) con l'apposita cingomma.

Per la cronaca, mi ha fatto felice vedere la Repubblica di qualche giorno fa usata per suddetto muro. La Repubblica entra ufficialmente nel gotha dei giornali-in-lingua-straniera-che-van-bene-per-decorare-e-per-impacchettare-regali-perché-fa-fine-e-non-impegna.



Ma dov'eravamo rimasti? Ah, sí, al progetto biosymbolico. Secondo la brochure, il progetto consiste nell'appiccicare le ciocche di capelli sottratte ai volontari a una testa di manichino cosparsa di carta moschicida. L'attaccatura, lungi dall'essere casuale (Costanza mi dice - Oh, vai su a vedere che c'è uno cha fa una parrucca afro coi capelli della gente), segue un preciso modello dettato dalla "firma e simbolica del portatore originale".



Qui di seguito potete apprezzare il campionario di ciocche di capelli che l'artista ha potuto collezionare in meno di due ore (gli argentini sono degli ottimi venditori).


E qui il simbolo a cui dovrebbe far riferimento tutta la faccenda biosymbolica.


Sarà per questo che piace anche agli hippies.



I collegamenti fateli voi, io devo dare un'occhiata alla lavastoviglie che perde.



0 commenti:

Posta un commento